Sabato Angelo Binaghi è stato rieletto presidente della Federtennis e l'assemblea di Verona, su proposta di Pietrangeli, ha presentato una mozione contro coloro che rifiutano la convocazione in Davis: chiaro il riferimento a Bolelli, che ha chiesto di non partecipare alla sfida contro la Lettonia
Si è svolta sabato a Verona l'assemblea nazionale della Federazione Italiana Tennis. Angelo Binaghi è stato rieletto presidente con il 94,94% dei voti ma la notizia più importante, per noi che ci occupiamo di questioni più squisitamente sportive, riguarda la mozione che l'avvocato Michele Brunetti, invitato da una richiesta di Nicola Pietrangeli, ha presentato all'assemblea subito dopo la rielezione di Binaghi. La mozione è stata approvata per acclamazione. Sentite un po' cosa recita nella sua parte conclusiva:
"L'Assemblea tutta chiede al Consiglio di rendersi interprete del comune sentimento di orgoglio per l'appartenenza alla Federazione Italiana Tennis, tutelando il valore di quella che ne è l'espressione di vertice: la maglia azzurra, che non può e non deve essere oggetto di trattativa o di subordinazione a particolarismi o individualismi. Viene pertanto dato mandato al Presidente ed al Consiglio di considerare coloro che rifiutano di difendere il proprio Paese persone che non condividono i comuni valori e si mettono conseguentemente e volontariamente al di fuori della nostra comunità".
In parole povere, la mozione è un chiaro segnale di sfida a Simone Bolelli, colpevole di aver rifiutato la convocazione in Coppa Davis per la partita di Montecatini (19-21 settembre) contro la Lettonia, che vale lo spareggio per non retrocedere in serie C.
Bolelli rischia dunque severi provvedimenti disciplinari ma i motivi che hanno convinto il giocatore a rifiutare la convocazione in Davis potrebbero andare oltre l'aspetto puramente sportivo (il bolognese vuole preparare al meglio i tornei successivi sul cemento di Tokyo e Bangkok) per intrecciarsi con ragioni più 'politiche' (si sa che non sono idilliaci i rapporti tra il coach di Bolelli, Claudio Pistolesi e la stessa Federtennis). Il punto della questione in ogni caso è un altro: è giusto che un giocatore rifiuti la convocazione con la maglia azzurra, ed è giusto che in tal caso venga squalificato?
Si ricorderà che lo scorso anno Filippo Volandri chiese al ct Barazzutti di non essere chiamato per lo spareggio-salvezza contro il Lussemburgo sul cemento di Alghero perché preferiva giocare sulla terra di Stoccarda. E venne accontentato. Si è creato così un precedente pericoloso perché adesso tutti i tennisti italiani possono sentirsi in diritto di fare la stessa scelta. Infatti Bolelli non ci ha pensato due volte. E in futuro anche Seppi, Starace e Fognini potrebbero seguire il suo (cattivo?) esempio.
In questi casi si dovrebbe usare il buon senso: si accontenta un tennista una volta per averlo disponibile in una occasione successiva. Sarebbe utile che tutte le parti in causa - dirigenti della Fit, giocatori, e staff tecnico - mantenessero tra di loro buoni rapporti per evitare contrasti interni che finiscono per essere controproducenti per l'intero movimento azzurro. Sbagliato o giusto, morale o immorale che sia, non è mistero che per i professionisti del circuito ATP la Davis conti molto meno dei tornei individuali, Slam e Masters Series in particolare. Anche i rappresentanti degli altri Paesi di valore superiore al nostro (Federer, Nadal e compagnia bella) non sempre sono disposti a sacrificarsi per la causa nazionalista. Si cerca di arrivare a un compromesso. La linea dura a volte è l'unica strada percorribile; altre volte potrebbe essere sostituita con la diplomazia.
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