lunedì 29 settembre 2008

EGITTO: GLI OSTAGGI LIBERATI ARRIVATI IN ITALIA

E' atterrato allo scalo di Caselle l'aereo con a bordo i 5 piemontesi rapiti in Egitto e liberati dopo dieci giorni. Il C-27J Spartan dell'Aeronautica militare ha toccato il suolo all'1:45. A bordo, insieme agli ex ostaggi, c'era' l'ambasciatore italiano in Egitto Claudio Pacifico.


EGITTO: OSTAGGI LIBERI A CASA, 'NON CI SPERAVAMO PIU'', 'E' STATA DURA'



CASELLE (TORINO) - Dieci giorni in mezzo al deserto, con temperature fino a 60 gradi, ostaggi di un gruppo di predoni armati fino ai denti. E' stata grande la paura dei cinque piemontesi rapiti in Egitto e liberati dopo dieci giorni di prigionia. ''Ad un certo punto pensavamo fosse finita'', hanno detto stanotte all'arrivo all'aeroporto di Caselle Torinese. Esausti, con i segni della fatica sul volto, ma anche con la serenita' d'animo di chi sa di avere scampato il pericolo. ''E' stata dura, davvero dura'', sono state le prime parole di Giovanna Quaglia, 52 anni, appena scesa dal C27J 'Spartan' dell'Aeronautica Italiana che l'ha riportata a casa insieme agli altri quattro compagni d'avventura. L'aereo e' atterrato all'1:45 in punto, dopo sei ore di viaggio dal Cairo, davanti ai parenti degli ex ostaggi visibilmente emozionati. ''Mi batte forte il cuore, non vedo l'ora di abbracciarla'', diceva pochi minuti prima dell'atterraggio Raffaella Negri, la cognata di Giovanna Quaglia. Ad accoglierli c'erano anche il comandante della Regione Carabinieri Piemonte e Valle d'Aosta, generale Vincenzo Giuliani, che ha portato loro il saluto del ministro della Difesa Ignazio La Russa, e il console generale d'Egitto a Milano, signora, Sharin Maher. Lorella Paganelli e Michele Barrera, la piu' giovane e il piu' anziano dei rapiti, preferiscono evitare la folla dei giornalisti e corrono subito ad abbracciare i loro cari. Giovanna Quaglia, Mirella De Giuli e Walter Barotto, invece, accettano di presentarsi davanti agli obiettivi di telecamere e fotografi. ''Abbiamo avuto paura'', sono le parole con cui Giovanna Quaglia rompe per prima il silenzio. ''Siamo stati trattati sempre bene - si affretta a precisare - ma sono state numerose le volte in cui ci siamo chiesti se ce l'avremmo fatta a tornare a casa''. Soli in mezzo al deserto, con acqua e cibo razionati, senza sapere cosa passava nella mente dei loro rapitori. ''L'assalto e' stato traumatico - racconta ancora la Quaglia - ma abbiamo subito capito che erano predoni e che ci volevano rapire a scopo estorsivo. Erano una quarantina, forse anche di piu', e ci hanno spostati piu' di una volta. Durante il giorno ci nascondevano sotto le jeep, con un lenzuolo bianco addosso per resistere al grande caldo. L'acqua e il cibo erano quelli che ci dovevano servire per l'escursione. La nostra vera forza - continua - sono state le guide egiziane, che ci hanno sempre protetto, e la consapevolezza che il diritto internazionale esiste''. I momenti bui sono stati tanti, ''ma i piu' difficili - rivela la De Giuli, 70 anni - sono arrivati sabato e domenica, quando non arrivavano notizie e la trattativa sembrava ad un punto di stallo''. Del blitz di domenica non sanno nulla: ''Spari? Non li abbiamo sentiti - dice - pero' verso sera abbiamo capito che stava accadendo qualcosa, perche' ci hanno fatti salire tutti e diciannove, noi italiani piu' la ragazza romena e i tedeschi''. ''Mi hanno messo il Gps in mano - riprende la Quaglia - e ci hanno detto 'right to go'. Ci siamo affidati a Dio e abbiamo guidato nel deserto per cinque ore, forse sei, senza ruota di scorsa e con pochissima acqua. Non avevamo la possibilita' di sbagliare, perche' saremmo morti''. Poi, di colpo, tra le dune sono spuntate delle persone: ''Subito abbiamo avuto paura che fossero altri predoni - svela Walter Barotto, 68 anni - ma per fortuna erano militari egiziani e abbiamo capito che era davvero finita''. Il resto lo racconteranno ai magistrati che da Roma arriveranno a Torino per interrogarli gia' nelle prossime ore. Poi la loro vita tornera' piano piano alla normalita'. ''Cosa faro' per prima cosa? La spesa'', dice Barotto lasciandosi finalmente andare in un sorriso. Ma tra qualche mese lui e tutti gli altri potrebbero decidere di tornare a viaggiare. ''E' stato un evento cosi' eccezionale - conclude la Quaglia - che non influira' sulla nostra voglia di conoscere altri Paesi''.


IL CAIRO - ''Senza il pagamento di alcun riscatto'', hanno comunicato sia il ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, da Belgrado, sia quello del turismo egiziano, Zoheir Garana, che insieme all'ambasciatore d'Italia al Cairo, Claudio Pacifico, hanno accolto i turisti al rientro. Intorno alle 19:45 i cinque italiani sono ripartiti per Torino dall'aeroporto del Cairo a bordo di un aereo militare che impieghera' circa sette ore per raggiungere il capoluogo piemontese.

All'arrivo al Cairo dal sud dell'Egitto, nel primo pomeriggio, le loro buone condizioni di salute sono state constatate da giornalisti quando sono scesi da un C130 militare egiziano, con il quale sono stati riportati al Cairo dal confine con Sudan e Libia, dove erano stati liberati, nonche' dall'ambasciatore Pacifico, e dal ministro del turismo egiziano, Zoheir Garana, pronti ad accoglierli davanti alla scaletta dell'aereo quando gli ex ostaggi sono scesi. I 19, mentre giornalisti, fotografi e operatori tv venivano tenuti a decine di metri di distanza senza poter rivolgere loro domande, hanno percorso a piedi un centinaio di metri sul tarmac per salire poi a bordo di due elicotteri militari con i quali sono stati portati all'ospedale militare di Maadi per controlli di routine. Un mistero fitto circonda tuttavia le circostanze reali del loro rilascio, o liberazione che sia.

''Non ci sara' da parte nostra alcuna dichiarazione sulla loro liberazione - ha detto il ministro del turismo, Garana - ne verranno probabilmente dagli enti della sicurezza''. Fonti diverse, militari e non, egiziane, in parte confermate da quelle italiane e tedesche, hanno fornito indicazioni poco precise sull'''operazione'' militare che sarebbe stata compiuta in territorio ciadiano, ma che N'Djamena ha smentito decisamente affermando che il Ciad non e' entrato minimamente nella vicenda. ''Noi abbiamo seguito tutto attraverso i media - ha affermato il ministro delle comunicazioni ciadiano, Mahamat Hissen - siamo sorpresi e ci chiediamo se non ci sia stato un 'tiro mancino' ordito contro di noi''.

In ogni caso un agente della sicurezza egiziana ha parlato alla stampa di un attacco compiuto - in territorio ciadiano, forse nella localita' di Tabbat Shajara, ieri indicata da fonti sudanesi - da 30 elementi delle forze speciali egiziane; arrivati vicino al campo dove i rapitori tenevano ancora gli ostaggi a bordo di elicotteri, gli incursori hanno ingaggiato una sparatoria con una trentina di sequestratori uccidendone circa la meta', mentre gli altri fuggivano. Quindi hanno recuperato gli ostaggi portandoli nel sud dell'Egitto, dove a Sharq al Uwainat sono poi saliti sul C 130 che li ha riportati al Cairo. Altre fonti hanno aggiunto che erano pronti ad intervenire nell'operazione anche reparti speciali tedeschi e assaltatori del reparto Col Moschin, della Folgore. Il loro intervento - e' stato detto - non e' stato tuttavia necessario, dato il successo dei commando egiziani.

Sulla ricostruzione sembrano esserci molti dubbi, anche perche' altre fonti, specie sudanesi, hanno fatto riferimento al fatto che gli ostaggi sarebbero rimasti liberi dopo una sparatoria avvenuta ieri con militari sudanesi e durante la quale erano stati uccisi sei sequestratori. Tra questi il capo del gruppo, un ciadiano di nome Bakhit e suo figlio, appartenenti ad uno dei movimenti ribelli di liberazione del Darfur. Senza la possibilita', per ora, di capire in modo conclusivo le ultime fasi del rapimento degli undici europei e degli otto egiziani, l'elemento ancora piu' dubbio e' se, nonostante le dichiarazioni ufficiali, sia stato effettivamente pagato per loro il riscatto oscillante tra due e 15 milioni di dollari di cui piu' fonti avevano parlato nei giorni scorsi.

Scendendo dal C130 egiziano qualcuno degli ex ostaggi ha risposto ai saluti gridati dai fotografi per attirare la loro attenzione sventolando in aria fasci di fiori - tuberose bianche, rose e margherite gialle e rosse, bordura verde - che il ministro della difesa aveva fatto consegnare ai turisti appena scesi dal velivolo. Da fonte egiziana si e' appreso che gli italiani si sono detti molto grati alle guide che li avrebbero assistiti con cura durante tutte le fasi del sequestro. ''Gli egiziani sono un popolo meraviglioso - ha affermato uno di loro, sottolineando che non lo diceva solo per dovere di gratitudine all'ospitalita' ricevuta - le nostre guide ci hanno aiutato e hanno fatto del loro meglio per darci conforto in una situazione molto disagevole''.

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