Anche il nascere, in Italia, risente di una realtà a 'macchia di leopardo': il parto, soprattutto quello in emergenza, infatti, non sempre è "sicuro" e questo perché ci sono "strutture di serie A e B". La denuncia arriva dai ginecologi che, in occasione della presentazione del primo Congresso nazionale della Federazione italiana di ostetricia e ginecologia (Fiog) che si apre domani a Roma, fanno riferimento alle "tante Italia del nascere".
"Non sempre la nascita è sicura - ha affermato il presidente dell'Associazione ginecologi universitari italiani (Agui) Massimo Moscarini - e ci sono strutture di serie A e B. Una realtà - ha avvertito - che può diventare un dramma quando l'evento nascita si trasforma in emergenza: 80 parti su 100 non hanno problemi, ma 10 possono essere ad altissimo rischio per mamma e bambino".
Il rischio, hanno spiegato gli esperti, è legato essenzialmente al livello organizzativo della struttura ospedaliera e all'esperienza derivata dal numero di interventi annui praticato: "C'é una grande differenza fra il partorire in una struttura dove si effettuano 200-300 parti l'anno ed una dove il numero di parti è oltre 1500. Cambiano - ha sottolineato Moscarini - la formazione degli operatori e il livello delle attrezzatrure". Ci sono quindi realtà molto diverse, hanno affermato i ginecologi, con forti differenze tra il Nord e il Sud del Paese, ma fondamentale ai fini della sicurezza è la specializzazione della struttura: "Per avere un livello di garanzia ottimale - ha rilevato Claudio Donadio, primario di ostetricia e ginecologia all'Ospedale San Camillo di Roma - la struttura ospedaliera dovrebbe praticare almeno 1000 parti l'anno".
AL SUD 1 PARTO SU 3 IN OSPEDALI NON AL 'TOP'
Da Roma in giù c'é un'altra Italia, anche per le cicogne. Ad affermarlo sono i ginecologi che, denunciando la forti differenze tra le strutture ospedaliere tra il Nord e il Sud del Paese, evidenziano un dato preoccupante: se nelle Regioni del Nord Italia l'84% dei parti si svolge in punti nascita di grandi dimensioni, e quindi molto sicuri ed attrezzati, al Sud circa 1 parto su 3 si svolge invece in strutture con meno di 500 parti l'anno (mentre secondo gli esperti il numero di parti annuo per un livello di sicurezza accettabile dovrebbe essere di almeno 1.000).
Su 100 parti, affermano i ginecologi che domani apriranno a Roma il Primo Congresso nazionale della Federazione italiana di ostetricia e ginecologia (Fiog), 88 avvengono in ospedali pubblici e 12 in cliniche private. E se il 63% dei parti è effettuato in strutture dove si praticano più di 1000 parti l' anno, la forbice Nord-Sud resta notevole. In tutto il Paese, rileva il primario di Ginecologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma Claudio Donadio - ci sono strutture all'avanguiardia e strutture di 'retroguardia', ma quelle di terzo livello, meglio organizzate, sono in maggioranza nel Centro-Nord. Da Roma in giù c'é un'altra Italia".
Da qui la denuncia dei ginecologi: "Nel Piano sanitario - afferma Donadio - si pone l'enfasi su tre priorità che sono malattie tumorali, cardiache e tutela materno-infantile. Quest'ultima è però rimasta sulla carta ed i finanziamenti nel casetto". Ma il problema è più complesso: "Non solo - sottolinea il presidente Fiog Giovan Battista Serra - manca un'omogeneità di organizzazione ed efficenza tra le strutture sul territorio nazionale, ma manca anche un'adeguata informazione alle gestanti. Forse - conclude - il modo migliore per reperire informazioni sull'efficienza delle strutture è leggere i tanti blog in rete delle pazienti-gestanti".
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