venerdì 22 agosto 2008

L'ABC dell'abbronzatura

Il sole fa bene o male?

Ammettiamolo: il rapporto con la tintarella oggi è compromesso, ambivalente, eroso dall’amletico dubbio: il sole fa bene o fa male? Sicuramente fa bene perché irrobustisce lo scheletro, favorisce il ricambio cellulare, rafforza il sistema immunitario, riduce la crescita dei microrganismi della cute e favorisce il buon umore. E l’abbronzatura, ossia l’aumento della pigmentazione cutanea provocato da un’iperproduzione di melanina da parte dei melanociti? Si tratta di un meccanismo di difesa della nostra specie nei confronti delle radiazioni nocive del sole e non è certo da demonizzare. Semmai da gestire con intelligenza… perché è vero: il sole può fare anche male.

Le radiazioni solari: quali danni possono provocare alla salute?

Lo spettro solare è costituito dai raggi ultravioletti (3 per cento), dalla luce visibile (37 per cento) e dai raggi infrarossi (60 per cento).

Gli ultravioletti (Uv), a seconda della lunghezza d’onda, si suddividono in Uv-A, Uv-B e Uv-C. Gli Uv-A vanno in più profondità, penetrano nel derma colpendo e distruggendo il collagene, l’elastina, i piccoli vasi: sono quindi i principali responsabili dell’invecchiamento della pelle che infatti è tipico delle persone che si espongono molto al sole e che abusano delle lampade abbronzanti: marinai, contadini… e vip. Gli Uv-B, invece, non vanno oltre l’epidermide, lo strato più superficiale della cute, ma qui entrano nel nucleo delle cellule dove possono provocare mutazioni del DNA e indurre tumori cutanei. Infine gli Uv-C sono i più energetici dello spettro, quindi molto pericolosi, tuttavia non raggiungono la Terra perché trattenuti dalla fascia di ozono.

Gli infrarossi sono radiazioni calde, provocano vasodilatazione cutanea, peggiorano quindi la couperose del viso e le angectasie delle gambe, per questo quando ci si espone al sole è bene freddare la cute spesso con bagni o con spruzzi di acqua fresca.

Come proteggersi dai danni del sole e abbronzarsi in sicurezza?

Sarà bene tenere conto di alcune semplici nozioni per un’abbronzatura sicura, per esempio:

i raggi ultravioletti attraversano le nuvole;
sotto l’ombrellone si riceve più del 50 per cento di tutti i raggi ultravioletti;
il 95 per cento degli ultravioletti penetra nell’acqua;
il 50 per cento degli Uv-B arriva sulla Terra tra le 11.00 e le 16.00, quindi evitando questa fascia oraria già si risparmia una buona fetta di fotodanneggiamento;
la radiazione solare raggiunge la retina, quindi gli occhiali con lenti scure non vanno considerati solo un optional;
i bambini, soprattutto prima dei tre anni, non andrebbero esposti al sole senza indumenti, lenti scure e cappellino;
la variabile fondamentale nello scegliere il giusto atteggiamento nei confronti del sole è la consapevolezza del proprio fototipo;
i filtri solari, sebbene non facciano miracoli come a volte promettono, sono efficaci.
Cosa sono i filtri solari? E quanto conta il fattore di protezione?

I filtri solari sono cosmetici capaci di assorbire o schermare le radiazioni Uv-A, Uv-B o entrambe. Possono essere fisici o chimici. I primi, all’ossido di titanio o di zinco, funzionano come specchi: riflettono, e respingono, le radiazioni. I filtri chimici, considerati nel loro complesso, sono invece molecole che quando assorbono le radiazioni solari modificano la loro struttura e restituiscono l’energia ricevuta sotto forma di calore. Ogni filtro assorbe una specifica lunghezza d’onda, quindi più è ampio il suo spettro maggiore sarà l’ampiezza dell’azione protettiva.

Il fattore di protezione – comunemente indicato con una cifra (per esempio 5, 10… 20) – indica il numero di ore di esposizione ai raggi ultravioletti che il prodotto garantisce senza che si verifichi l’eritema. È bene ricordare che i filtri solari non sono pozioni magiche ma semplicemente prolungano il tempo di esposizione. Vanno usati con generosità (25-30 grammi di prodotto per un adulto), spalmati accuratamente, riapplicati dopo il bagno e anche dopo una sudata. Non dovrebbero, di norma, contenere sostanze fotosensibilizzanti.

Cosa sono gli autoabbronzanti? E gli abbronzanti?

Gli autoabbronzanti sono coloranti dello strato corneo e non sono dannosi. La loro capacità pigmentante è dovuta a uno zucchero che si lega alla cheratina, una proteina dell’epidermide. Questo legame dà luogo a composti nuovi, colorati per l’appunto. Nel giro di qualche giorno, visto il ricambio continuo tipico delle cellule superficiali della pelle, l’effetto bruno scompare. Ma attenzione: gli autoabbronzanti non proteggono dalle scottature e dagli eritemi, a meno che non siano addizionati di filtri.

Gli acceleratori di abbronzatura (gli abbronzanti) sono invece prodotti in genere a base di oli - per esempio, di cocco o di noce - che potenziano l’attività iperpigmentante delle radiazioni. Secondo gli esperti aumentano il rischio di fotoustioni e di fotoinvecchiamento.

Le lampade abbronzanti sono dannose?

Molte persone pur di vantare un'abbronzatura integrale tutto l'anno ricorrono alle lampade abbronzanti; va però detto che le lampade abbronzanti provocano ustioni, invecchiano la pelle, aumentano il rischio di ammalarsi di tumori cutanei e inducono fotosensibilità ai farmaci esattamente come il sole. Di fatto nuocciono più del sole, per la potenza della radiazione e soprattutto per un effetto cumulativo. Infatti, ammesso anche che nei centri estetici le apparecchiature siano sottoposte ad adeguati controlli, le radiazioni ultraviolette emesse delle lampade si sommano alla radiazione solare alla quale ci si espone normalmente. Di conseguenza, sottoporvisi regolarmente aumenta tutti i rischi legati alle radiazioni solari, compresi quelli di sviluppare tumori.

I diversi fototipi: come esporsi al sole?

La sensibilità alle radiazioni ultraviolette dipende dai fototipi, che, secondo l’Epa, l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, sono quattro:

Fototipo I: la pelle ha una colorazione lattea, non si abbronza mai, al sole si ustiona, si gonfia, si sfoglia. Il consiglio degli esperti è di evitare il più possibile l’esposizione al sole.
Fototipo II: la pelle è leggermente più bruna a volte con efelidi, di norma si ustiona, gradualmente sviluppa una leggera pigmentazione; si consiglia di esporsi al sole gradualmente e di utilizzare schermi a protezione molto alta o totale.
Fototipo III: la pigmentazione è bruna o olivastra, di norma si abbronza ma può ustionarsi; sarà bene utilizzare prodotti a media capacità schermante.
Fototipo IV: la pelle è bruna, scura o nera, si abbronza sempre e rapidamente, quasi mai si ustiona; si possono utilizzare prodotti a bassa protezione.
La sensibilità può anche essere influenzata dall’assunzione di alcuni farmaci; per esempio alcuni antibiotici, antidepressivi, estrogeni e diuretici possono scatenare reazioni avverse, come macchie, eritemi, eczemi, pruriti, se ci si espone alla radiazione solare. Un’ultima raccomandazione quindi, nel caso si faccia uso di questi farmaci, è quella di consultare sempre il proprio medico curante prima di esporsi al sole.


Per Approfondire Leggi Sole solari e salute della pelle

Nessun commento:

Image and video hosting by TinyPic