sabato 27 agosto 2011

Caccia a Gheddafi: Forse si nasconde in Algeria

Testimoni hanno riferito di un convoglio di auto blindate che ha passato il confine, ma Algeri smentisce categoricamente. Continuano i bombardamenti su Sirte, scontri sporadici nella capitale. In un magazzino scoperti 53 cadaveri. Giallo sui contractor italiani prigionieri, presto torneranno a casa

TRIPOLI - Continua la caccia a Muammar Gheddafi mentre si accavallano le ipotesi su dove si trovino ora il raìs e la sua famiglia. Testimoni, ripresi dall'agenzia egiziana Mena, hanno riferito di aver visto passare un convoglio di sei auto blindate che avrebbe superato il confine con l'Algeria: a bordo ci sarebbe stato il colonnello con i suoi familiari. Ma da Algeri è giunta una smentita categorica: nessun convoglio di auto blindate è arrivato in Algeria dalla Libia, ha fatto sapere il governo, mentre il Consiglio nazionale di transizione ammette di non avere alcuna traccia che porta al raìs ma chiede a Gheddafi di consegnarsi per evitare esecuzioni sommarie e promette un processo equo.

La smentita di Algeri, altre piste: Tripoli o Niger. La pista algerina era stata definita subito "poco probabile se non impossibile" da fonti del governo algerino. Poi, qualche ora più tardi, la secca smentita. Secondo il quotidiano arabo El-Shuruk, che ha intervistato una ex guardia del corpo del raìs, Gheddafi potrebbe invece trovarsi o ancora a Tripoli o in viaggio verso il Niger, dove avrebbe dei familiari in grado di offrirgli protezione.

Di fatto il governo di Algeri non ha riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione né ha mai chiesto che Gheddafi lasciasse il potere, osservando una "stretta neutralità e rifiutando qualsiasi ingerenza negli affari interni" del Paese vicino, come ribadito ieri dal ministro degli Esteri algerino Amar Belani.

Nuovi bombardamenti su Sirte. La Nato invece sembra scommettere su Sirte, città natale del raìs. Nelle ultime 24 ore le forze aeree dell'Alleanza atlantica hanno colpito diversi obiettivi nella zona: un mezzo corazzato, dieci veicoli armati e quattro postazioni militari; alcune incursioni sono state effettuate anche nella zona di Tripoli, dove sono stati distrutti un arsenale e una postazione lanciamissili. Continuano intanto i negoziati fra i ribelli e le forze lealiste per una resa pacifica della città di Sirte, ha reso noto il Cnt, mentre proseguono gli scontri a Ras Lanuf.

Cnt: E' emergenza umanitaria. Il Cnt ha lanciato un allarme per l'emergenza umanitaria nella capitale. Il presidente del Consiglio nazionale di transizione, Mustafà Abdel Jalil, si è rivolto alle organizzazioni internazionali chiedendo che mandino farmaci e beni di prima necessità. "Facciamo appello a tutte le organizzazioni umanitarie e diciamo che Tripoli ha bisogno di medicine, beni di primo soccorso e materiale chirurgico", ha affermato ammettendo che nella capitale scarseggiano anche i beni alimentari di prima necessità. In città funzionano a singhiozzo anche acqua e luce a causa di continue interruzioni, dovute, secondo Jalil, ai "sabotaggi delle forze di Gheddafi".

Sul fronte degli approvvigionamenti di combustibile, si prevede che lunedì riprenda a funzionare la raffineria di Az-Zawiyah. Un'altra buona notizia arriva da Londra: il governo britannico ha sbloccato 3,4 milioni di euro di aiuti, fondi consegnati al Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) che ne deciderà la distribuzione sulla base del fabbisogno giornaliero ma che si concentreranno almeno in un primo momento su Tripoli.

Questa mattina la capitale libica appariva piuttosto calma dopo i combattimenti notturni, nei quali gli insorti hanno guadagnato terreno. Le forze fedeli a Muammar Gheddafi sembrano aver adottato una tattica "mordi e fuggi", colpendo i ribelli qua e là per mentenere alta la tensione. Sacche di resistenza dei lealisti sono state segnalate soprattutto nei quartiere di Abu Salim e Salaheddin. Anche l'aeroporto, in mano ai ribelli, viene sporadicamente preso di mira dai ribelli con armi leggere e pesanti.

Strage nel magazzino, scoperti 53 corpi.
Continuano, intanto, ad emergere raccapriccianti prove di regolamenti di conti e violenze. In un magazzino di Tripoli sono stati trovati 53 corpi. Secondo alcuni testimoni, sentiti da Sky News, 150 persone sarebbero state uccise nel magazzino il 23 e 24 agosto, quando le forze ribelli stavano combattendo per prendere il controllo di Tripoli. Un abitante del posto ha detto a Sky che le vittime erano per lo più civili e che sono state uccise dalle forze di Gheddafi.

Ban Ki-Moon: Ora ristabilire l'ordine. In Libia ora è "necessario mettere fine al conflitto e ristabilire ordine e stabilità", ha detto il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, secondo il quale la comunità internazionale dovrebbe ora inviare una forza di polizia, tenendo presente che la Libia "è sommersa di armi leggere". Parlando al Palazzo di Vetro, il segretario dell'Onu ha sottolineato che nell'immediato c'è bisogno "di assistenza umanitaria urgente, in particolare nel campo dell'assistenza sanitaria e dei servizi pubblici basilari, fra cui la distribuzione dell'acqua, la sua depurazione e l'istruzione".

I tre contractor presto in Italia. Molte ombre rimangono sulla vicenda tre contractor italiani, detenuti per un mese a Tripoli e liberati dai ribelli. Antonio Cataldo 1, Luca Boero 2 e Vittorio Carella faranno ritorno in Italia quanto prima, ha detto il console a Bengasi Guido de Sanctis. Ma su di loro trapela poco: "Ulteriori chiarimenti sulla nostra storia li daremo quando saremo rientrati in Italia, perché qui in Libia non ci sentiamo sicuri", ha detto Luca Boero alCorriere tv. "L'unica cosa che possiamo dire", ha spiegato, "è che siamo stati presi in Tunisia, dove avevamo un incontro vicino a Bengarden, e poi consegnati alle forze regolari del vecchio governo di Gheddafi".

Boero, 42 anni di Genova, Cataldo, 27 anni, di Chiusano di San Domenico (Avellino), e Vittorio Carella, 42 anni, di Peschiera Borromeo, sono stati catturati un mese fa dalle milizie fedeli al regime di Gheddafi e rinchiusi in un carcere della capitale. Il 21 agosto scorso sono stati liberati dagli insorti libici.

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